Anonymous: L'esercito degli hacktivisti
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"Quello che conta è la tua opinione". È questa la sentenza con la quale Brian Knappenberger ha deciso di chiudere il suo film. Una sentenza che suona come monito e dichiarazione d'intenti, a difesa della più grande tra le libertà: quella di esprimersi. Una sentenza ancora più significativa se paragonata con quelle che stanno per emettere i tribunali statunitensi nei confronti di un gruppo di hackers appartenenti al movimento Anonymous, di cui il film ripercorre storia e ideologia. Il regista ha voluto raccontare l'evoluzione del fenomeno Anonymous. Salito alla ribalta delle cronache internazionali nel 2008 per essersela presa duramente contro Scientology e per aver fatto saltare i sistemi informatici di Visa, Mastercard e Paypal, Anonymous è passato nel giro di un paio di anni dalla sua dimensione di comunità ristretta per geeks, nerds e cyber burloni, a movimento di riferimento mondiale per l'attivismo nell'era del web, fino a scendere in piazza con la maschera del Guy Fawkes di V per Vendetta con un bagaglio di simboli e ideali che ne hanno fatto un emblema di rivoluzione. Anonymous con tutte le sue filiazioni è stato il braccio tecnologico della primavera araba in Tunisia, ha aiutato gli egiziani a comunicare con Twitter quando il governo di Mubarak decise di chiudere totalmente la rete, è stato megafono e amplificatore per tutti gli Occupy degli ultimi due anni. La portata del suo messaggio travalica ogni definizione per sconfinare nelle regioni del mito.
Con Julian Assange, Anonyops
Regista Brian Knappenberger