Dal regista culto Fernando Di Leo, osannato da Quentin Tarantino come un maestro dei film polizieschi, torna - dopo 30 anni d'oblio - l'ultimo capolavoro del film di genere. Domenico Malacarne è un commissario corrotto che fa i soldi grazie alle connivenze con i delinquenti. Il poliziotto è marcio e lo rivendica, senza problemi, anche in faccia al proprio padre, integerrimo Carabiniere. Mezzo poliziesco (con un magistrale inseguimento fra i Navigli), mezzo noir, il miglior Di Leo in un film pieno di inseguimenti, sparatorie, ricatti e morti ammazzati, come se piovessero: è il truce poliziesco degli gli anni '70 italiani, quando la cronaca ricordava ogni giorno episodi simili a quelli raccontati nel film. La realtà metropolitana è cruda e, come nei western, fatta di eroi solitari e cinici. Antieroi, per lo più. Il poliziotto è marcio, è corrotto fino al midollo. E se osa ribellarsi alla malavita, il prezzo da pagare sarà altissimo. Stupende le musiche di Louis Bacalov.